La Psicoterapia Cognitiva
La terapia cognitivo-comportamentale
La psicoterapia cognitiva-comportamentale nasce come terapia del comportamento (J. Wolpe, H.J. Eysenck) tra gli anni ’50 e gli anni ’60 in contrapposizione alle allora dominanti concezioni cliniche della psicanalisi e degli altri approcci di orientamento umanistico. L’esigenza era quella di fondare un metodo per il trattamento dei disturbi psicologici che fosse il più possibile fondato su principi scientifici e validati sperimentalmente. Per far questo venne escluso dall’indagine tutto ciò che non fosse direttamente osservabile (la mente, i pensieri, le emozioni) e l’intervento si focalizzò sulla modificazione del comportamento disturbato che era una conseguenza di un apprendimento appreso.
Nel corso degli anni ’60 divenne sempre più evidente che la sola indagine del comportamento e la visione dell’apprendimento dell’individuo, che si sviluppava esclusivamente dall’associazione stimolo-risposta, non erano sufficienti a spiegare alcuni fenomeni dell’esperienza umana. Si sviluppò pertanto il movimento della terapia cognitiva (G.Kelly, A.Ellis, A.Beck) che si propose di reintegrare l’indagine sugli aspetti mentali (non direttamente osservabili) e il ruolo dell’individuo come attivo rispetto ai processi di apprendimento. In quest’ottica il comportamento problematico venne visto come la conseguenza di un pensiero disfunzionale, per cui l’obiettivo della terapia divenne quello di identificare e modificare questi pensieri.
I due approcci potevano comunque essere integrati. Il terapeuta poteva all’occorrenza avvalersi sia delle tecniche comportamentali che di quelle più specificamente dirette alla modificazione degli schemi cognitivi. L’integrazione tra i due modelli ha dato origine alla denominazione di Terapia cognitivo-comportamentale.
La Terapia Cognitiva
Negli anni più recenti si è visto un ampliamento nell’orizzonte e nella diversificazione degli approcci di stampo cognitivista. Per semplificare il complesso panorama attuale possiamo distinguere due grandi orientamenti: quello del Cognitivismo Standard (o Razionalista) e quello del Cognitivismo Costruttivista.
La terapia cognitiva standard porta avanti una visione dell’uomo e dell’approccio clinico ai disturbi mentali che è quello inaugurato e perseguito da A. Ellis (RET, Terapia Razionale Emotiva) e da A. Beck. Sostanzialmente considera l’individuo come un “elaboratore di informazioni” o, come uno “scienziato”, costruttore di teorie e convinzioni su di sé e sul mondo. Queste convinzioni costituiscono un incessante dialogo interno e controllano le emozioni e i comportamenti corrispondenti. In questa ottica i sintomi o le emozioni disturbanti sono la diretta conseguenza di convinzioni irrazionali o distorte. Il compito della terapia è quello di riconoscere e modificare tali convinzioni o schemi cognitivi e questo processo porterà ad un cambiamento dell’emozione o del comportamento disadattivo corrispondente.
Il Cognitivismo ad indirizzo costruttivista
La prospettiva della Psicoterapia Cognitiva ad orientamento costruttivista (V.F: Guidano, G.Liotti, M.Reda e altri)
L’obiettivo terapeutico non è quello che il paziente cambi le proprie convinzioni “errate” o “irrazionali”, ma che egli divenga consapevole del suo modo specifico di elaborare queste convinzioni e di come queste si siano “costruite” nell’arco della vita .
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