Le emozioni sono state per molto tempo contrapposte alla razionalità e come tali fuorvianti o ingannevoli rispetto alle scelte e ai percorsi cosiddetti “giusti” dettati dal raziocinio. Così anche la forte emotività o le impetuose manifestazioni emotive adolescenziali sono state da sempre contrapposte alla razionalità e all’autocontrollo che invece sembrano essere patrimonio degli adulti.

Oggi si assiste ad una sorta di rivincita delle emozioni: le sale cinematografiche moderne che con la loro tecnologia consentono di vivere emozioni positive (grandi passioni, gioie, divertimento) ma anche negative (paura, angoscia, tristezza) in un contesto protetto, anche il successo di certi programmi televisivi che puntano sulla spettacolarizzazione della emotività manifestata apertamente, così come la pubblicità e le sue immagini, tutto mira all’evocare in noi emozioni forti per i gli scopi più differenti; persino nei libri di divulgazione scientifica come “L’intelligenza emotiva” di D. Colemann alle emozioni si dà nuova rilevanza.

Sono le emozioni e non la ragione che ci guidano verso certe persone, piuttosto che altre (prima noi sentiamo che una persona ci è simpatica o no e poi possiamo spiegare il perché), che ci guidano verso determinate scelte, che ci motivano o ci spingono a intraprendere percorsi di vita personali;  sono le emozioni che regolano le nostre relazioni con gli altri e siamo travolti dalle emozioni quando ci imbattiamo in  qualche evento inatteso, sia esso un evento felice o più o meno drammatico.

La fase adolescenziale sia caratterizzata da forti cambiamenti del corpo (fisiologici), delle capacità cognitive (capacità riflessive circa il proprio funzionamento emotivo e cognitivo) e da un allargamento delle possibilità e delle esigenze esplorative.

Le emozioni negli adolescenti sono eclatanti perché eclatanti sono i loro cambiamenti; le modificazioni fisiologiche relative al corpo e alla sessualità sono in questa fase così significative da attivare emozioni altrettanto intense. Ci si guarda allo specchio e non ci si riconosce!

Da un punto di vista cognitivo l’acquisizione della capacità riflessiva fa sì che il giovane si ponga la domanda di chi sia lui per gli altri: con l’entrata nella fase adolescenziale diventa sempre più importante il confronto con i pari e il modo in cui ci si sente considerati dagli altri. Il bisogno di essere accettato o la paura di essere rifiutato, l’appagante sensazione del piacere agli altri o il timore di non piacere. Tutte le situazioni sociali sono terreno in cui si misurano le proprie valenze e quindi possono diventare fonte di ansia.

In questa cornice il giovane si chiede se è in grado di sostenere la sfida e il pericolo che deriva dal dipendere così tanto dal giudizio degli altri; le soluzioni possono essere più o meno adattive: l’iperattività (che può nascondere ansia), l’isolamento, oppure anche un repentino alternarsi di chiusura e di ricerca dell’altro.

Nonostante l’apparente propensione verso l’esterno, vi è nel giovane adolescente anche una opposta tendenza alla chiusura, spesso meno evidente. Ricerche tra giovani adolescenti dimostrano infatti che in questa fase è maggiore la frequenza e l’intensità del senso di solitudine provato; questa forte, e talvolta dolorosa, sensazione sembra essere il prezzo da pagare per raggiungere l’indipendenza e l’autonomia dalle precedenti sicurezze affettive e il proprio personale senso di unicità e identità.

L’allargamento dello spazio esplorativo insieme allo sviluppo psicobiologico e ormonale offrono l’opportunità di provare un’estrema varietà di  sensazioni e, se le modalità di esprimere e modulare le emozioni hanno le loro basi nella prima infanzia e nella relazione con i genitori, è in questa fase di passaggio dall’infanzia all’età adulta che ognuno sperimenta e cerca  nuove modalità di gestione e di espressione delle emozioni.